giovedì 22 ottobre 2009

Vuoi vedere che ci fregano il Nuovo Ospedale?


Ci ha preoccupati un interessante articolo apparso su "Il Quotidiano della Calabria" di domenica scorsa che aggiunge un altro tassello alla delicata quanto ingarbugliata questione della costruzione del Nuovo Ospedale della Piana. Aspettavamo delle precisazioni, delle assicurazioni, ma nulla di tutto questo si è sentito o letto in questi giorni. Dopo aver praticamente chiuso gli ospedali di Oppido, Taurianova e Palmi e aver ridotto le postazioni di Guardia Medica in funzione del Nuovo (o unico?) Ospedale della Piana, sulla stampa sempre più spesso si leggono pressanti interventi di autorevoli politici (e non) sulla "necessità" di costruire un nuovo ospedale nella città di Reggio Calabria. Vuoi vedere che alla fine resteremo come al solito fregati!

Nessuna reazione alla ventilata ipotesi che il nuovo ospedale prenda la via del capoluogo
Sanità, il silenzio della politica
Immobilismo di istituzioni e partiti davanti al caos sul parco agrario di Palmi
POLISTENA - Nemmeno una parola, nessun commento, zero spiegazioni. Il focus sul sistema Sanità nella Piana di Gioia Tauro lanciato da “Il Quotidiano” (che si concluderà nei prossimi giorni), sembra essere passato inosservato agli occhi della rappresentanza politica provinciale e regionale. Da destra a sinistra, le questioni sollevate dal nostro giornale paiono aver suscitato soltanto il silenzio di chi è chiamato a rappresentare i cittadini, a risolvere i loro problemi, a provvedere alle loro necessità, che in materia di sanità, sono certamente tante. Cosa ha risposto la nostra classe dirigente davanti alla notizia del possibile dirottamento dell’ospedale nuovo della Piana verso l'area di Reggio Calabria? Nulla. Eppure il rischio che la nuova struttura prenda la via del capoluogo, in nome di quell'area metropolitana concessa dal Governo Berlusconi, è serio. Le manovre intentate a tal fine da alcuni esponenti politici, denunciate dal segretario della Cgil di Gioia Tauro, Pasquale Larosa, non hanno suscitato alcuna reazione, né di smentita né di conferma. Lo stesso dicasi per la questione riguardante la localizzazione della nuova struttura. Per fortuna però, grazie all'azione del “Comitato spontaneo di cittadini pro Ospedale Unico della Piana”, ci sono le carte a parlare. E ciò che dicono non è per nulla confortante. Il parco agrario della scuola “G. Ferraris”di Palmi, dove dovrebbe nascere il nuovo ospedale, pare essere avvolto dal mistero. Nonostante la progettazione preliminare abbia preso il via da quasi un anno, il sito non è ancora nella disponibilità del demanio, come invece da più parte è stato affermato. In sostanza, l'Asp 5 ha fatto partire la fase progettuale considerando certa l'acquisizione del terreno, mentre il sovrintendente alla costruzione nominato dalla Regione parla solo di disponibilità della Provincia (titolare degli edifici scolastici) a cedere la struttura. Nemmeno davanti a questa confusione però, la politica ha ritenuto opportuno spendere qualche parola per fare chiarezza e rassicurare i cittadini che da due anni ormai sentono soltanto parlare del nuovo presidio ospedaliero. Che dire poi dell'ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” di Polistena, che dalla metà degli anni '70, periodo della sua costruzione, non ha mai ricevuto un soldo, che sia uno, da parte delle varie amministrazioni regionali susseguitesi? Ogni intervento realizzato in questi anni presso il nosocomio polistenese è stato finanziato con soldi provenienti dalle casse dell'Azienda Sanitaria Provinciale. Eppure, quello di Polistena, tra mille difficoltà, è l'unico ospedale in grado di dare delle risposte ai cittadini. Certo è che non si sa fino a quando il presidio potrà caricarsi il peso dei 180 mila cittadini del territorio, se non verranno pianificati al più presto interventi sulla struttura, in certi casi seriamente obsoleta e su cui nessuno mette mano da più di 35 anni. Nel caso di Polistena, la politica locale pare avere avuto una seppur piccola reazione, chiedendo essa stessa, come nel caso del Pdl, una spiegazione ai propri vertici regionali. Sembrano muoversi pure i sindaci, specie quelli di Polistena, Melicucco, SanGiorgio Morgeto e Cinquefrondi, che ne prossimi giorni paiono intenzionati a dare luogo ad un sit-in di protesta davanti al nosocomio. Intanto però, tra proclami mai concretizzati e casi di malasanità in cui qualcuno ci ha pure rimesso la vita, l'offerta sanitaria della Piana di Gioia Tauro prosegue nel suo perenne arrancare. Molte persone preferiscono affidarsi ai famigerati “viaggi della speranza” per trovare cure adeguate ai propri mali, non avendo sul posto strutture adeguate. Tutto questo, in attesa che la politica si decida a dire a chiare lettere che cosa ne sarà del futuro della salute dei cittadini della Piana.
Domenico Galatà - Il Quotidiano - Domenica 18 ottobre 2009

lunedì 19 ottobre 2009

Una grande verità


Il ministro dell'Economia: «Meno cogestione e più compartecipazione nelle imprese»
Tremonti: «Mobilità non è un valore, il posto fisso è la base per progetto di vita»
«L'incertezza e la mutabilità lavorativa per alcuni sono un valore in sé, ma non per me»

MILANO - Il posto fisso è la base sulla quale costruire un progetto di vita e la famiglia, in quanto la mobilità lavortiva non è un valore di per sé. Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, chiudendo i lavori di un convegno organizzato dalla Bpm. «Non credo che la mobilità di per sé sia un valore, penso che in strutture sociali come la nostra il posto fisso è la base su cui organizzare il tuo progetto di vita e la famiglia», ha affermato Tremonti.
POSTO FISSO - «La variabilità del posto di lavoro, l'incertezza, la mutabilità per alcuni sono un valore in sé, per me onestamente no. C'è stata una mutazione quantitativa e anche qualitativa del posto di lavoro, da quello fisso a quello mobile», ha aggiunto il ministro. «Per me l'obiettivo fondamentale è la stabilità del lavoro, che è base di stabilità sociale».
COMPARTECIPAZIONE - «Questo Paese ha meno bisogno della cogestione e più bisogno della compartecipazione da parte dei lavoratori nelle imprese», ha proseguito Tremonti. «La cogestione, come nascita di figure imprenditoriali miste, mi sembra meno positiva, mentre credo sia più positiva l'informazione sulla gestione dell'impresa. Il meccanismo compartecipativo può anche avere forme diverse. Per esempio, un favore fiscale sulla detassazione degli straordinari».
COMMENTI - Al convegno erano presenti anche i segretari confederali dei tre princiali sindacati italiani. «Sulla mobilità chiedete un commento all Confindustria», ha detto Guglielmo Epifani (Cgil). Luigi Angeletti (Uil): «Tremonti parla come se fosse un nostro iscritto. Non so se gli farà piacere, ma è così».
19 ottobre 2009 (http://www.corriere.it/)


Per la prima volta ci troviamo in completa sintonia con il ministro Tremonti.
Era ora, finalmente ci si è reso conto che con la riforma del mercato del lavoro è cresciuta l'incertezza e la disoccupazione. Probabilmente l'intento del povero Biagi era quello di creare maggiori opportunità di lavoro per i giovani ma di fatto è cresciuta la precarietà che non consente di poter programmare nemmeno a breve termine il proprio futuro. Contratti a termine, contratti a chiamata, contratti a progetto, LSU, LPU ecc., non hanno fatto altro che rendere meno sicuro il proprio avvenire. Ci auguriamo che dopo questa dichiarazione il governo riesca concretamente a varare dei provvedimenti seri a tutela dei lavoratori e sopratutto dei giovani per dare loro una speranza di un futuro migliore.




venerdì 16 ottobre 2009

Ricordando Francesco Fortugno a 4 anni dalla sua morte

Il presidente Napolitano scrive alla famiglia di Franco Fortugno
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha scritto ai familiari di Franco Fortugno ribadendo come «il modo migliore per onorare il sacrificio del consigliere regionale è mantenere alto e costante il contrasto alla mafia»
15/10/2009 «Il modo migliore per onorare il sacrificio di Francesco Fortugno e dei tanti caduti per mano di mafia consiste nel mantenere alto e costante l'impegno a contrastare ogni sorta di intimidazione e di attacco». È una parte del messaggio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, fatto pervenire alla famiglia del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria ucciso il 16 ottobre del 2005 a Locri. E domani a Locri, per ricordare Fortugno, arriverà il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e il vicepresidente della Camera dei deputati, Maurizio Lupi. Le celebrazioni avranno inizio alle ore 9,30 a Palazzo Nieddu del Rio dove verrà deposta una corona di fiori nel punto preciso dove Francesco Fortugno cadde sotto i colpi sparati dal killer della 'ndrangheta. Dopo il rituale minuto di raccoglimento, la giornata proseguirà presso l’Auditorium del Centro Salesiani. Subito dopo la proiezione di un film-testimonianza prodotto dal Ministero della pubblica istruzione, sono previsti gli interventi del ministro Alfano e del vicepresidente della Camera, Lupi. Seguirà la presentazione del libro di Giuseppe Fava sulla vita e il pensiero di Francesco Fortugno e la tavola rotonda sul tema «Legalità, parliamone!», alla quale parteciperanno, tra gli altri, il magistrato Nicola Gratteri e Lorenzo Diana della Fondazione Caponnetto. Il gruppo di Addiopizzo junior di Palermo presenterà la canzone «Contro Pizzo Rap». Nel pomeriggio, alle 15,45, una solenne santa messa di commemorazione chiuderà le celebrazioni a Locri del IV anniversario della morte di Francesco Fortugno. Numerosi sono i messaggi che continuano a pervenire alla parlamentare Maria Grazia Laganà, vedova di Fortugno, e alla famiglia. Oltre a quello del presidente Napolitano, c'è il messaggio del presidente del Senato, Renato Schifani, che a nome suo personale e dell’assemblea di Palazzo Madama, rivolge il suo «commosso pensiero alla famiglia e a tutti i calabresi che si stringono attorno al ricordo di Francesco Fortugno, e rinnovare la memoria del suo sacrificio. Messaggi, ancora, dal Ministro della difesa, Ignazio La Russa e da Francesco Rutelli, il quale scrive:"Coltivare la memoria significa mantenere ferme le intenzioni ed i valori. Questo clima politico non aiuta certo una riflessione serena sul valore della legalità e sui principi della responsabilità. L’auspicio è che presto si possa tornare a costruire quello spazio civile e politico del quale Franco è stato un indimenticabile protagonista».

Il Quotidiano della Calabria 15/10/2009





mercoledì 14 ottobre 2009

Finalmente!

FINALMENTE SI PASSA!

Era ora! Non nascondiamo l'emozione nel percorrere un tratto di strada che facilita notevolmente i collegamenti con il resto della piana.

Anche se provvisoria, la pista creata accorcia notevolmente le distanze permettendo di raggiungere Amato in circa metà tempo.

Siamo sicuri che per i cittadini di Oppido Mamertina (e non solo) questo sia uno dei giorni più importanti degli ultimi anni.

Pubblichiamo alcune foto del percorso che porta allo svincolo per Varapodio, che ci permettono di osservare (e valutare) anche gli interventi (anche questi migliorabili ) del manto stradale.

Ci affidiamo alla clemenza del tempo anche se le condizioni metereologiche sono previste in netto peggioramento.

Speriamo solo che il tragitto non resti definitivo e che il ponte sul Marro sia completato prima del ponte sullo stretto di Messina.

Raccomandiamo le Amministrazioni interessate a vigilare sul coretto svolgimento dei lavori.

Aspettiamo con ansia il completamento dei lavori sulla strada della Ferrandina per poter finalmente percorrere in sicurezza uno tra i più pericolosi tragitti della provincia reggina.

mercoledì 7 ottobre 2009

In attesa di Giustizia


Scutellà, processo a Reggio
Quasi tutto da rifare il procedimento per la morte del ragazzino di Scido
A due anni dalla morte in ospedale del piccolo Flavio Scutellà, è quasi tutto da rifare il procedimento giudiziario a carico degli undici sanitari sui quali pende una richiesta di rinvio a giudizio. Il gup del Tribunale di Palmi, infatti, ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dai legali degli imputati e, in considerazione del fatto che il decesso per il sospetto caso di malasanità era avvenuto nel nosocomio di Reggio Calabria, ha disposto l’invio degli atti alla Procura della città dello Stretto. Nel capoluogo e non a Palmi, quindi, un altro magistrato ripresenterà la richiesta di rinvio a giudizio già perfezionata dal pubblico ministero Stefano Musolino e un giudice diverso stabilirà se si dovrà procedere o meno con il processo a carico di sanitari degli ospedali di Reggio, Polistena e Catanzaro. L’udienza di ieri, durante la quale si sono registrati due lunghi aggiornamenti viste le richieste tecniche avanzate dagli avvocati Francesco Iacopino, Girolamo Albanese e Renato Vitetta, è servita soprattutto per la discussione in merito alle richieste di costituzione di parte civile, visto che il gup Daniela Tortorella ha considerato preliminare a tutte le altre l’eccezione sollevata circa la sua incompetenza nel giudizio. Il processo, che è nato a Palmi perché alla Procura cittadina si erano rivolti nell’ottobre 2007 Alfonso e Maria Scutellà - i genitori del 13enne morto dopo il trasporto d’urgenza dall’ospedale di Polistena e 4 giorni di coma - riprenderà quindi a data da destinarsi a Reggio Calabria. Prima di decidere sul trasferimento degli atti, il gup si era ritirata anche per valutare le istanze di parte civile presentate. Come era stato anticipato nei giorni scorsi in un botta e risposta al vetriolo con lettere aperte, la Regione non si è costituita parte civile e il fatto ha suscitato - a margine dell’udienza la reazione polemica di Alfonso Scutellà che ha parlato «istituzioni latitanti» e «promesse non mantenute da parte di Loiero». Il gup ha ammesso la costituzione di parte civile dei genitori e dei quattro fratelli minori del bambino, respingendo le istanze presentate dai tre nonni perché assenti in aula. Il giudice, contestualmente, ha accolto la domanda presentata dal Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanza attiva costituitasi tramite l’avvocato Vito Crimi. Come per gli altri casi di malasanità ripetutisi in Calabria, anche quello che riguarda la morte del ragazzo di Scido sta vedendo impegnati una pletora di avvocati mobilitati da diverse parti della regione, tanto che l’udienza di ieri si è dovuta tenere nell’aula bunker, la più capiente tra quelle di cui dispone il tribunale palmese

AGOSTINO PANTANO - Calabria Ora 07/10/2009

Siamo vicini alla famiglia Scutellà costretta a subire questa ennesima beffa.

sabato 3 ottobre 2009

l’Italia che si sbriciola


Incuria e abusi, l’Italia che si sbriciola:
rischi idrogeologici in 7 Comuni su 10
Le colpe dell'amministrazione dietro i disastri ambientali. Da Nord a Sud edifici realizzati in zone di esondazione.
ROMA — «La natura non fa scon­ti. Prima o poi, gli errori ricadono addosso a chi li ha compiuti. Semi­nando la morte, come vediamo a Messina». Vittorio Cogliati Dezza presiede «Legambiente» ma inse­gna storia e filosofia: e si sente. Nu­meri e cifre, nella loro durezza, con­fermano la sua tesi: più il territorio italiano è sfruttato, martoriato, mal­governato, più l’Italia si sbriciola e si impantana in una melma che in­goia vittime, provoca crolli, disper­si, assenza d’acqua potabile, quindi disperazione. Proprio Legambiente certifica che nel 77% dei comuni so­no state costruite abitazioni e nel 56% fabbricati industriali in aree a rischio. Ancora numeri, eloquentis­simi. 5.581 comuni italiani a ri­schio idrogeologico di cui 1.700 per frane, 1.285 per alluvioni, 2.596 per frane e alluvioni insieme. Nella sola Sicilia, 272 comuni a rischio e 91 nel Messinese. Il record appartie­ne al Piemonte con 1.046 comuni in pericolo, l’opposto della Sarde­gna che ne registra appena 42.
Proprio vero. La natura non fa mai sconti. Ciò che riceve, restitui­sce. Nel bene come nel male. Una terra tutelata restituisce una sicura protezione idrogeologica. Una terra violentata non può far altro che produrre altra violenza. Non per­ché sia matrigna ma perché l’uomo le ha sottratto gli strumenti per pro­teggere proprio se stesso. Non c’è bisogno di evocare lo spettro di Sarno, con le sue 140 fra­ne e i suoi 137 morti nel maggio 1998. Basta guardare a tempi più re­centi. Per esempio quest’anno. Fra­ne e quattro morti al Nord, due a Borca di Cadore (18 luglio). Due vit­time nel Trapanese per un nubifra­gio (2 febbraio). Due operai morti sotto una frana a Caltanissetta (28 gennaio). Frane in tutto il Sud, chiusi 60 chilometri di autostrada (29 gennaio). Due morti e quattro feriti per una frana sulla Saler­no- Reggio Calabria (25 gennaio). Poco prima, alla fine del 2008, gli spettacolari danni e l’autentico ter­rore di Roma per la clamorosa pie­na del Tevere (dicembre 2008). In­ferno d’acqua a Cagliari, tre morti (22 ottobre). Maltempo: due morti, Valtellina isolata (13 luglio). Po e Dora, rotti gli argini, ponti bloccati e scuole chiuse. E si potrebbe conti­nuare tristemente così, con titoli sempre uguali, lì a dimostrare che la natura non fa sconti.
Accusa Giulia Maria Crespi, presi­dente del Fondo per l’Ambiente Ita­liano: «C’è totale indifferenza verso il paesaggio e le sue regole. Paesag­gio vuol dire anche assesto idrogeo­logico. Ma come si fa quando l’agri­coltura è totalmente abbandonata, i corsi d’acqua e i boschi non vengo­no curati, le colline sono tagliate senza curarsi delle vene idriche, si costruisce dissennatamente nei po­sti più sbagliati? Poi arriva la cata­strofe e si piange... Non si capisce che un paesaggio rispettato non fa­vorisce i ricchi snob che vogliono il loro panorama ma produce turi­smo, agricoltura, ricchezza».

Ancora Cogliati Dezza aggiunge un elemento importante alla sua analisi: «Comuni del Nord e del Sud hanno permesso di edificare in aree di esondazione. Il pericolo cre­sce perché, come i climatologi inse­gnano, siamo definitivamente en­trati in una fase in cui i fenomeni atmosferici sono più violenti e im­prevedibili. L’essenza dei nuovi pro­blemi idrogeologici è tutta qui: in tre giorni può cadere la stessa quan­tità di pioggia di un’intera stagio­ne. Guardiamo cosa è accaduto l’an­no scorso a Roma col Tevere e a Ca­gliari». Unico dato positivo, secon­do Cogliati Dezza, una nuova sensi­bilità diffusa tra i cittadini comuni che ormai individuano, dice, nel­l’abusivismo edilizio la vera causa dei disastri. Non si spiegherebbe di­versamente la chiarezza con cui don Giovanni Scimone, parroco di Giampilieri (quindi non un geolo­go), ha sintetizzato ciò che è acca­duto alla sua gente: «Le colline so­no prive di alberi, in parte distrutti dagli incendi, in parte tagliati per edificare, non sono stati costruiti muri di contenimento. Tutto que­sto comporta che una pioggia più violenta fa venir giù le frane».

Ma se lo capisce il parroco di un piccolo centro, troppo spesso a non (voler) comprendere sono le amministrazioni locali. Accusa Ve­zio de Lucia, urbanista, autore di molti piani regolatori, ex assessore all’urbanistica di Napoli: «Solo a Ro­ma sono in esame 85 mila doman­de di condono presentate tra i pri­mi anni Novanta e il 2003. Ciò signi­fica che l’abusivismo dilaga sotto le amministrazioni e i governi di ogni segno politico. La corresponsabili­tà è generale». Quasi un marchio culturale collettivo, ovviamente de­teriore. De Lucia ricorda che «qui l’Italia segna una fortissima diffe­renza col resto dell’Europa. Poiché non intendo assumere un atteggia­mento che potrebbe sfiorare il razzi­smo antropologico, dirò che siamo di fronte a un problema di scarsissi­mo rispetto delle leggi. Nel resto d’Europa l’abusivismo o non c’è o si registra in forme assolutamente marginali». Cosa fare? De Lucia ha una solida anima progressista ma non ha paura di una parola: «Occor­re semplicemente la repressione, che manca completamente. Perché parliamo di reati gravi che vanno repressi. Invece il fenomeno conti­nua a crescere. Nell’indifferenza ge­nerale». Già, l’indifferenza. Nemmeno l’abusivismo riguardasse solo chi lo produce e non si trasformasse in­vece, come realmente accade, nel depauperamento di un patrimonio collettivo che la Costituzione ci im­pone di salvaguardare (articolo 9: «La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»).

Alessandra Mottola Molfino pre­siede da pochi giorni «Italia no­stra». Ma è prontissima a esprime­re la sua opinione: «Prima di costru­ire nuove cubature, sarebbe assai meglio riassestare le vecchie costru­zioni e soprattutto occuparsi della cura del territorio. Ma sembra im­possibile ragionare così». La neo­presidente aggiunge un altro tassel­lo a un quadro già disperante: «Da anni 'Italia nostra' produce docu­menti realizzati da eccellenti profes­sionisti nostri associati. Materiale inviato al governo e alle ammini­strazioni locali. Ma nessuno ci ascolta, eppure è tutto già scritto lì....». Vi accusano di essere contro lo sviluppo, nemici di qualsiasi ipo­tesi di edificabilità. «Falso. Noi chie­diamo solo di intervenire dopo aver analizzato attentamente le ca­ratteristiche del luogo e il suo livel­lo di sostenibilità. Ma a proposi­to... ». A proposito? «Noi di 'Italia nostra' siamo stati sempre fiera­mente contrari alla costruzione del Ponte sullo Stretto. Ora qualcuno dovrà spiegarci con quale coraggio, dopo una simile catastrofe, si può immaginare di dar vita a una simile grande opera su un territorio tanto gravido di pericoli e di incognite».

Paolo Conti
03 ottobre 2009 - www.corriere.it