
Gli ultimi, speriamo, episodi di una lunga serie di tragici eventi che hanno colpito la sanità calabrese ci spingono a riflettere sulla organizzazione strutturale e sulle competenze professionali che caratterizzano questi avamposti. Non possiamo accettare passivamente che chi si presenta presso questi presìdi per ricevere delle cure a volte riceva più danni che benefici. Ci dobbiamo affidare alla buona sorte sperando che a soccorrerci sia quel medico piuttosto che un'altro. E' successo che per dei punti di sutura si sia dovuto richiedere l'intervento dell''amico medico, magari in congedo, per poter avere maggiori garanzie per una migliore riuscita dell'intervento. Spesso abbiamo assistito alla utilizzazione di medici che per la tipologia di incarico fino al momento espletata, non erano sicuramente pronti ad affrontare un incarico così delicato ed importante ma anche così rischioso. Il Pronto Soccorso essendo una struttura di assistenza sanitaria dedicata alle situazioni di urgenza ed emergenza è il primo presidio cui il paziente si rivolge. Essendo appunto variegata e vasta la tipologia delle situazioni cui bisogna far fronte, richiede personale medico ed infiermeristico con grandi capacità professionali ed umane. Non vogliamo sparare sul mucchio, riconosciamo la presenza di ottime profesionalità, ma chiaramente gli ultimi eventi indicano che spesso si interviene con superficialità, sottovalutando la reale situazione e trascurando l'esecuzione di ulteriori ricerche che possono indirizzare verso una corretta diagnosi. E' vero anche che il supporto tecnico deve essere adeguato all'importanza del ruolo.

Ultimamente abbiamo assistito alla graduale trasformazione della maggior parte dei Pronto Soccorso in Punto di Primo intervento (nel nostro caso solo notturno) e al ridimensionamento della maggior parte dei laboratori di analisi in Punto Prelievo ingolfando i pochi rimasti di personale e di carico di lavoro con navette che continuamente fanno la spola tra i vari presidi, anche per una semplice glicemia, ritardando la possibilità di valutarne l'esito. Non solo, l'organizzazione del 118 non è ottimale. Ci sono stati degli episodi in cui si è dovuto ricorrere all'intervento delle forze dell'ordine (polizie e carabinieri) per poter ottenere l'intervento di una ambulanza. Modificando l'organizzazione possono cambiare le cose? O di una trasformazione radicale è ciò di cui si ha bisogno? Basta adeguare le strutture o è sulla professione sanitaria che bisogna intervenire? Con il nuovo (o unico) Ospedale della Piana (quando ci sarà) possiamo davvero avere una risposta alle richieste del territorio? Infine, la professione medica può essere considerata ancora una missione o è soltanto un mezzo per affermarsi socialmente?